Siamo soliti a interpretare il gioco come puro e semplice divertimento, ma per i nostri pet le cose non stanno affatto così: attraverso il gioco noi possiamo educare o viceversa diseducare il nostro amico a quattro zampe, giacché l’ambito ludico rappresenta la migliore cornice per esercitare le sue tendenze e fargli apprendere particolari stili comportamentali. Il gioco è cioè una palestra evolutiva, un vero e proprio ginnasio dove il cucciolo matura la sua identità cognitivo-comportamentale attraverso la crescita, l’indirizzo, l’esperienza, la relazione, la conoscenza delle proprie possibilità. Diciamo subito che lo stato ludico è una particolare condizione mentale che comprende diversi aspetti: la prevalenza delle emozioni positive, come la festosità e lo stupore, la forte attivazione in uno stato eccitatorio non ansioso, la stimolazione delle motivazioni prevalenti, l’orientamento interattivo con la realtà esterna, la flessibilità cognitiva, con espressioni di curiosità, creatività, apertura verso le novità. Il gioco accende la mente, la rende fluida e dà all’animale un ambiente sicuro dove provarsi, così da poter acquisire nuove conoscenze e competenze rispetto al mondo e a se stesso. Se viceversa consideriamo il gioco semplice divertimento rischiamo di dimenticare il suo portato educativo, vale a dire di indirizzo nello sviluppo comportamentale del cucciolo. Si tratta di un indirizzo che comunque si realizza durante l’attività ludica, anche se non è detto che lo faccia nelle direttive più confacenti alla corretta crescita del soggetto. Per esempio assecondare il proprio rottweiler nei giochi di forza-competizione o il border collie in quelli predatori porta a enfatizzare queste disposizioni, ossia si esercitano motivazioni già forti in quelle razze, e per di più non le si disciplina ovvero si rischia di generalizzarle: il rottweiler cercherà gratificazione solo nel prendere e tirare e il border collie nel correre dietro, e questi comportamenti non solo saranno espressi in modo maniacale ma soprattutto verranno proposti verso qualunque target e in qualunque contesto. Al contrario, organizzando il gioco riferito alle motivazioni prevalenti secondo regole ben precise, vale a dire assegnando un target preciso, un contesto specifico e un modo corretto di esprimere nel gioco quella motivazione, e parallelamente stimolando le altre motivazioni, quelle più deboli, attraverso altri giochi è possibile dare un equilibrio al soggetto nelle sue proposte comportamentali e nella ricerca di gratificazione.