Se i gatti che, cresciuti in ambiente domestico mal sopporterebbero i disagi della vita da clochard, ben diversa è la condizione dei gatti cresciuti in strada. Il micio costruisce il suo profilo identitario a seconda del tipo di esperienze che ha ricevuto soprattutto nel primo anno di vita, per questo ogni gatto presenta una personalità molto spiccata. Pertanto un gatto che è vissuto nella sicurezza e nell’agio di un’abitazione non sarà mai in grado di abituarsi alla vita randagia e nello stesso tempo non possiamo pretendere che un gatto di colonia possa tollerare la perdita di libertà per quanto in una prigione dorata. I gatti alla Romeo – il protagonista degli Aristogatti di Walt Disney – devono poter godere di libertà di movimento, non hanno bisogno di avere intorno a sé confortanti pareti e comodi cuscini anzi li detestano e preferiscono i ruderi archeologici di Roma o i parchi fluviali di Torino o, ancora, i giardini universitari di Milano o i vicoli medievali di Bologna. Sono i gatti di colonia, artisti della riservatezza e del mimetismo, cultori del dolce far niente. Le colonie feline sono tutelate dalla legge e i gatti che vi risiedono non possono essere spostati, come dire: sono legittimi locatari del loro spazio di vita. Numi tutelari di questi cittadini a quattro zampe sono le gattare, un volontario in genere declinato al femminile che si prende cura dei loro bisogni e che in tal modo rinpinguano il magro bottino di caccia che il micio riesce a stento a trovare nel deserto urbano. A ogni modo la presenza dei gatti vivifica la città, contiene il sovrannumero di altri animali, per cui chissà che un giorno non si farà un monumento alla gattara.
Pillola: gatto liberi
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